La Storia

CEGLIE MESSAPICA e la sua storia…

Il passato della città di Ceglie Messapica affonda radici in epoche precedenti la venuta di Cristo, alcuni affermano diciassette, altri quattrordici secoli, e fondata, secondo Erotodo, da un mitico re di Creta, Japige, approdato in Sicilia al comando di truppe cretesi per vendicare la morte di Minosse. Il re, durante la traversata, venne colto da furiosa tempesta ed approdò sulle coste Salentine, ove si fermò a lungo con i suoi soldati nelle città allora esistenti, tra le quali l’antica Kailia, nome originario di Ceglie, ma anche Kailinon dalla città di Kailidon, nella regione storica greca Etolia, e che secondo alcuni storici sarebbe stata la patria di Diomede. Secondo altri autori un popolo venuto dall’Oriente quello dei Pelasgi fondò le antichissime mura chiamate Paretoni e le costruzioni, formate da grossi blocchi di pietra, chiamate Specchie. In età Neolitica si trovano vaghe tracce di popolamento, mentre ritornano prepotenti e frequenti le tracce degli insediamenti dell’Età del Bronzo, ritrovate in numerose grotte del territorio comunale. La Civiltà Messapica trova il massimo della sua affermazione nell’Età del Ferro (IX – VII secolo a.C.) testimonianza di tale fatto è l’insediamento di Masseria San Pietro. I pochi dati relativi all’Età arcaica sono importanti per definire l’esistenza stessa di questa fase per il centro abitato  dell’antica Messapia (VIII – VII secolo a.C.), le cui tracce sono localizzabili nell’area degli “orti urbani” sottostante il centro storico medievale. Numerosa seppur frammentaria e la documentazione archeologica relativa all’età classica ed ellenistica (V – III secolo a.C.) che comunque permette di immaginare il grande sviluppo dell’insediamento messapico in quest’epoca. Nell’ottavo secolo a. C., furono i Greci a portare in queste terre il proprio modello di vita e fu allora che Ceglie assunse il nome di Kailìa. Il nucleo urbano della città si estendeva ai piedi di un colle, chiuso da possenti mura di pietre, i Paretoni, di cui si conservano ancor oggi residue tracce; la zona abitata occupava approssimativamente l’area in cui si trova oggi la Stazione Ferroviaria. Alla parte alta della città si accedeva con una scalinata, anch’essa esistente, che nel dialetto cegliese viene indicata come ” li ciend’ scalun’ ” (I cento scaloni). In cima, dove è ubicato il Castello Ducale, si trovavano gli edifici pubblici e religiosi. Fuori le mura, erano meta di pellegrinaggi delle genti messapiche, due celebri santuari dedicati ad Apollo allocati dove ora si erge la chiesa di San Rocco ed a Venere sulla collina di Montevicoli. Nell’epoca romana, divenne un centro ricco e fiorente Ceglie, come capitale militare della Messapia quella politica era la vicina Oria – dovette combattere dure guerre contro la potente Taranto che, per ragioni commerciali e di prestigio politico, voleva ottenere uno sbocco sul Mare Adriatico, nella fascia costiera tra Egnatia e Càrbina, sottoposta alla giurisdizione messapica di Ceglie e di Oria. Le due città, con un esercito formato dai soldati della Dodecapoli messapica, dopo alterne vicende, riuscirono ad allontanare il pericolo evitando un futuro di miserie e di schiavitù. Quando Roma assoggettò la Penisola salentina, anche Ceglie, ormai decaduta, passò sotto il suo dominio e fu da essa assimilata. Nel medioevo sotto il dominio dei Longobardi la città prese l’appellativo di Ceglie della Foresta, e, in seguito, con voce ancora longobarda di Ceglie del Gualdo. Divenendo un povero villaggio, sotto la dominazione spagnola, in cui si conduceva un’esistenza grama, all’ombra del piccolo maniero nel quale risiedeva un barone, fu denominata “Celie de Galdo”. Molte furono le famiglie che dominarono la baronia in quei secoli: Orimi, Scisciò, Brancaccio, Dentice, Pignatelli. Il feudo risulta in possesso per un sessantennio anche degli Arcivescovi di Brindisi, finché, il 24 ottobre 1584, don Cornelio Pignatelli, signore di Ceglie, non compie una permuta con don Ferdinando Sanseverino, conte della terra di Saponara, che diventa feudatario della città. Intanto, nelle campagne intorno a Ceglie, i monaci italo-greci avevano fondato dei grandi monasteri, di due dei quali restano notevoli testimonianze: l’abbazia di S. Anna, alla periferia dell’odierno abitato, e la chiesa della Madonna della Grotta, sulla vicinale per Francavilla Fontana.

I Sanseverino ampliarono il castello conferendogli approssimativamente la struttura attuale. Promossero l’arricchimento economico e culturale di Ceglie, favorendo la fondazione del convento dei Cappuccini, abbattuto qualche anno fa e quello dei Domenicani, fino al 2005 sede del Comune. Nei 1521, rivelatasi angusta, per le accresciute esigenze cultuali, la vecchia matrice, fu innalzata l’attuale Collegiata che, nel 1786, fu ingrandita ed imbarocchita. Ai Sanseverino subentrarono i Lubrano ed i Sisto y Britto, che si estinsero con il duca Raffaele, nel 1862, anno in cui ereditarono il castello e le residue proprietà dell’ex feudo i Verusio. Nel Risorgimento, a Ceglie fu costituita una vendita Carbonara da Domenico Termetrio, originario di Cisternino. Da Pietro Elia, amico personale del Mazzini, venne fondata invece una sezione della Giovine Italia che molto contribuì al riscatto dal dominio borbonico. Raggiunta l’unità, anche Ceglie venne a far parte del nuovo Regno Sabaudo e, proprio allora, alla fine dell’ottocento, conobbe un periodo di fervore di cui sono testimonianza le opere e i monumenti realizzati in quegli anni: S. Gioacchino, il Macello comunale, S. Rocco, il Cimitero, il Teatro Comunale, il Convento dei PP. Passionisti, la torre dell’Orologio nella Piazza Plebiscito. Nello stesso periodo si stampava un’importante rivista che, rimasta in vita per oltre un biennio, ebbe diffusione nazionale: “La scuola laica”, diretta da Giuseppe Elia. All’inizio del ‘900 la città ha vissuto le stesse vicende degli altri comuni del Meridione, con un costante incremento demografico, nonostante l’emorragia emigratoria, che costituisce la spia della situazione economica e sociale di Ceglie in quegli anni. Oggi, Ceglie guarda al futuro cercando anche di basare la propria economia sullo sviluppo turistico e culturale, avendo come referenti il grande pittore futurista Emilio Notte e lo scienziato Cataldo Agostinelli. Della civiltà messapica rimangono numerosi resti archeologici: sistema difensivo (specchie, fortini messapici, mura e muraglioni chiamati paretoni), necropoli oltre a iscrizioni, monete, vasi, trozzelle messapiche e reperti vari conservati in piccolissima parte nel locale museo archeologico a Ceglie e nei musei di Taranto, Brindisi, Lecce ed Egnazia ma, in massima parte dispersi in collezioni private e pubbliche (citiamo ad esempio un vaso rinvenuto nel 1820 raffigurante la lotta tra Diomede e i Messapi che si trova presso il museo di Berlino). Ceglie, era dunque la roccaforte militare della Messapia, per la sua posizione naturale in cima a un colle e per il suo territorio collinare da cui era ben visibile Taranto, la città rivale che ambiva a conquistare tutta la Messapia per consentirsi lo sbocco sull’Adriatico. Kailia (il nome messapico di Ceglie) aveva ben quattro cinte murarie con sulle cinte esterne (paretoni) elevate fortificazioni in blocchi megalitici (le specchie alte anche oltre 20 metri e diametro fino a 60 metri), la cinta di mura più interna aveva un perimetro di 5 Km e racchiudeva una popolazione non inferiore ai 40.000 abitanti. Risalente al settembre 2006 è l’ultimo ritrovamento di un sito archeologico nell’atrio adiacente la Scuola Secondaria di I grado «Giovanni Pascoli» di via Toniolo durante lavori di ristrutturazione. Si tratterebbe di una tomba familiare risalente alla seconda metà del IV secolo a.C., che contiene ben 5 scheletri ed un corredo funerario di numerosi manufatti (cinture in bronzo e forme ceramiche ornamentali e legate alle funzioni nutrizionali).

IL FENOMENO DELLE SPECCHIE E DEI PARETONI

All’età messapica va riferito l’interessantissimo sistema di specchie e paretoni che caratterizza in maniera peculiare il territorio di Ceglie Messapica. Nella campagna, a corona intorno all’abitato ed inseriti probabilmente in un secondo momento in un sistema difensivo complesso, sorgono antichi monumenti che la tradizione popolare chiama “specchie”. Sulla funzione delle specchie si sono avanzate ipotesi sin dal 1500: il Galateo le considerò monumenti funerari, il Marciano nell’800 parlava di “vedette militari”; nel 1937 il Drago escludeva l’ipotesi della presenza di una camera sepolcrale e optava per la funzione di avvistamento e di difesa; il Teofilato non escluse la coesistenza di più funzioni e per la prima volta intuì la stretta relazione esistente tra le specchie e i “paretoni”, che seguono per diversi chilometri l’allineamento delle specchie; si deve al Neglia, negli anni ’70, uno studio sistematico, su basi topografiche, del fenomeno delle specchie nell’intero Salento. La corona di specchie, di forma ellittica, circonda l’abitato di Ceglie ed è costituita da 18 monumenti attualmente visibili. Tra quelle più imponenti, la Specchia Castelluzzo (situata a sei chilometri dal centro urbano, di forma ellittica con un asse maggiore di 40 metri, probabilmente costituita in origine da sei ripiani concentrici, per un’altezza complessiva attuale superiore ai dieci metri; sull’ultimo si alzava una torretta circolare, oggi in parte franata, costruita da blocchi squadrati di forma rettangolare, mentre il resto del monumento è innalzato con grossi blocchi calcarei irregolari; dal piano di campagna si stacca una rampa ascendente ai piani superiori, oggi solo parzialmente visibile), la Specchia di Facciasquata (a quattro chilometri da Ceglie e a 1850 metri dalla specchia Puledri; ha una struttura molto semplice, con la base formata da un tamburo cilindrico alto circa tre metri e un cumulo conico superiore; non sono visibili rampe di accesso), la Specchia Capece (posta sulla linea di confine tra Ceglie e Francavilla; di pianta subcircolare, è strutturata da tre gradoni alti rispettivamente 1.10, 1.75 e 2.50 metri, l’ultimo dei quali sostiene un cumulo conico di pietrame informe alto 2.50 metri; la specchia si colloca alla confluenza di tre paretoni, larghi da due metri e mezzo a tre metri). Attorno all’abitato di Ceglie Messapica è possibile riconoscere tre distinte cinte murarie. Un circuito più stretto si svolge quasi a ridosso del centro storico medievale, composto da blocchi megalitici e molto probabilmente già esistente nel VI secolo a.C.; una seconda cinta muraria, nota localmente come il Paretone, racchiudeva un territorio molto più vasto dell’antico centro messapico; a circa quattro chilometri dal centro abitato è infine riconoscibile un ulteriore elemento di fortificazione, composto da muraglioni connessi alle specchie. Le cinte più esterne sono databili, seppure ancora in via ipotetica, fra la metà del V e l’inizio del IV secolo a.C., quando divennero tesi i rapporti tra la potente città greca di Taranto e le comunità locali che abitavano questo territorio.

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